La stampa è libera, viva la libera stampa. Ciò non toglie che ci sentiamo in dovere come ATIt, Associazione Teriologica italiana, di intervenire quando il diritto-dovere ad una corretta informazione viene violato, sfociando in un moralismo spicciolo e rozzo che tende a far credere ai lettori che tutto ciò che non riguardi gli incentivi alle imprese o le oscillazioni dei titoli di borsa sia non solo inutile, ma persino dannoso.
Purtroppo si tratta di un fenomeno che sta prendendo piede in modo preoccupante nel mondo dell'informazione italiana e che penalizza fortemente l'intero mondo della ricerca. L'ultimo episodio in ordine di tempo nell'edizione di domenica 1 febbraio de «Il Giornale», con un articolo dal titolo «Sprechi bestiali. Pagato dalla Regione per ululare nei boschi» il cui chiaro intento è quello di ridicolizzare l'attività di ricerca scientifica in ambito faunistico, annoverandola nell'ambito della futile stravaganza e quindi dello spreco, e mettendo sul banco degli imputati le Regioni e le Province che hanno avuto l'ardire di investire fondi - per lo più poche migliaia di euro - in attività di monitoraggio di grandi carnivori come il lupo piuttosto che in progetti di salvaguardia di specie cosiddette «minori» come il gambero di fiume, i chirotteri o gli anfibi. Regioni e Province che hanno preferito investire in progetti di conservazione e tutela della biodiversità piuttosto che in sagre della salsiccia o della castagna. Tutto questo denota un'ignoranza inaccettabile da parte di un quotidiano nazionale.
Ignoranza a livello legislativo, perché si ignora che lo Stato italiano è impegnato per legge - in applicazione alle Direttive europee in materia di protezione di ambiente, fauna e flora, contenute nella Direttiva Habitat - tramite due DPR, il 357/97 e il 120/2003 a monitorare lo stato delle «specie prioritarie» mediante l'azione di Regioni e Province Autonome. E tra le «specie prioritarie», cioè tra le specie particolarmente tutelate dalla legislazione europea, vanno annoverate, purtroppo per l'incauto e superficiale estensore dell'articolo, tanto il lupo quanto il gambero di fiume, o i pipistrelli, o molte altre specie oggetto di serie indagini svolte da ricercatori, magari dotati di dottorato di ricerca e pubblicazioni internazionali, sostenuti soprattutto dalla passione e non certo da cifre che susciterebbero l’ilarità di un idraulico o di un giornalista. Questa è la realtà, una realtà di cui se mai c'è da vergognarsi per motivi che nulla hanno a che fare con quelli riportati nell'articolo.
Ignoranza a livello scientifico, perché si ignora che ovunque si lavori su specie come il lupo lo si fa secondo criteri ampiamente standardizzati, elaborati dalla comunità scientifica internazionale, e che prevedono la ricerca di tracce «sul campo» e l'uso dei vocalizzi come strumento di localizzazione dei branchi e di quantificazione approssimativa del numero di animali. Detto per inciso: trattandosi di pratica che gode ormai di una certa popolarità, non occorreva certo una laurea in Biologia o Scienze Naturali per evitare a «Il Giornale» di scivolare nel ridicolo. Si tratta infatti di informazioni alla portata di uno spettatore occasionale di «Geo&Geo».
Infine ignoranza a livello politico e amministrativo, perché è solo un'attività sistematica di monitoraggio, di studio, di comunicazione al pubblico, ai gruppi di interessi e agli operatori economici, che consente agli
enti locali di ridurre al minimo l'impatto socioeconomico e la conflittualità sociale derivante dal ritorno di specie importanti come il lupo in ambiti geografici da cui la specie era scomparsa da oltre un secolo.
In conclusione: pochi giorni fa, su un grande quotidiano nazionale, l'ex ministro degli Interni Beppe Pisanu, esponente di spicco di Forza Italia e oggi presidente della Commissione Antimafia, sosteneva che «non possono essere le osterie padane a dettare la politica sull'immigrazione». Verrebbe da dire, parafrasando Pisanu, che lo stesso vale per l'informazione. Ci sono infatti redazioni che ostentano la stessa demagogia, la stessa ignoranza e la stesso rozzo populismo di chi fa dell’ignoranza un merito. Purtroppo.
presidente dell’Associazione Teriologica Italiana
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