Sunday, February 15, 2009

..ed Apollonio giustamente rispose..

Mi era sfuggita la risposta di Apollonio (Professore di Zoologia e Direttore del Dipartimento di Zoologia e Antropologia Biologica dell'Università di Sassari piu' molto altro). Mi sembra giusto pubblicare anche questa chiedendomi.. ma da "Il Giornale" qualcuno si e' degnato di rispondere allo sdegno di tutti noi?

La stampa è libera, viva la libera stampa. Ciò non toglie che ci sentiamo in dovere come ATIt, Associazione Teriologica italiana, di intervenire quando il diritto-dovere ad una corretta informazione viene violato, sfociando in un moralismo spicciolo e rozzo che tende a far credere ai lettori che tutto ciò che non riguardi gli incentivi alle imprese o le oscillazioni dei titoli di borsa sia non solo inutile, ma persino dannoso.

Purtroppo si tratta di un fenomeno che sta prendendo piede in modo preoccupante nel mondo dell'informazione italiana e che penalizza fortemente l'intero mondo della ricerca. L'ultimo episodio in ordine di tempo nell'edizione di domenica 1 febbraio de «Il Giornale», con un articolo dal titolo «Sprechi bestiali. Pagato dalla Regione per ululare nei boschi» il cui chiaro intento è quello di ridicolizzare l'attività di ricerca scientifica in ambito faunistico, annoverandola nell'ambito della futile stravaganza e quindi dello spreco, e mettendo sul banco degli imputati le Regioni e le Province che hanno avuto l'ardire di investire fondi - per lo più poche migliaia di euro - in attività di monitoraggio di grandi carnivori come il lupo piuttosto che in progetti di salvaguardia di specie cosiddette «minori» come il gambero di fiume, i chirotteri o gli anfibi. Regioni e Province che hanno preferito investire in progetti di conservazione e tutela della biodiversità piuttosto che in sagre della salsiccia o della castagna. Tutto questo denota un'ignoranza inaccettabile da parte di un quotidiano nazionale.

Ignoranza a livello legislativo, perché si ignora che lo Stato italiano è impegnato per legge - in applicazione alle Direttive europee in materia di protezione di ambiente, fauna e flora, contenute nella Direttiva Habitat - tramite due DPR, il 357/97 e il 120/2003 a monitorare lo stato delle «specie prioritarie» mediante l'azione di Regioni e Province Autonome. E tra le «specie prioritarie», cioè tra le specie particolarmente tutelate dalla legislazione europea, vanno annoverate, purtroppo per l'incauto e superficiale estensore dell'articolo, tanto il lupo quanto il gambero di fiume, o i pipistrelli, o molte altre specie oggetto di serie indagini svolte da ricercatori, magari dotati di dottorato di ricerca e pubblicazioni internazionali, sostenuti soprattutto dalla passione e non certo da cifre che susciterebbero l’ilarità di un idraulico o di un giornalista. Questa è la realtà, una realtà di cui se mai c'è da vergognarsi per motivi che nulla hanno a che fare con quelli riportati nell'articolo.

Ignoranza a livello scientifico, perché si ignora che ovunque si lavori su specie come il lupo lo si fa secondo criteri ampiamente standardizzati, elaborati dalla comunità scientifica internazionale, e che prevedono la ricerca di tracce «sul campo» e l'uso dei vocalizzi come strumento di localizzazione dei branchi e di quantificazione approssimativa del numero di animali. Detto per inciso: trattandosi di pratica che gode ormai di una certa popolarità, non occorreva certo una laurea in Biologia o Scienze Naturali per evitare a «Il Giornale» di scivolare nel ridicolo. Si tratta infatti di informazioni alla portata di uno spettatore occasionale di «Geo&Geo».

Infine ignoranza a livello politico e amministrativo, perché è solo un'attività sistematica di monitoraggio, di studio, di comunicazione al pubblico, ai gruppi di interessi e agli operatori economici, che consente agli
enti locali di ridurre al minimo l'impatto socioeconomico e la conflittualità sociale derivante dal ritorno di specie importanti come il lupo in ambiti geografici da cui la specie era scomparsa da oltre un secolo.

In conclusione: pochi giorni fa, su un grande quotidiano nazionale, l'ex ministro degli Interni Beppe Pisanu, esponente di spicco di Forza Italia e oggi presidente della Commissione Antimafia, sosteneva che «non possono essere le osterie padane a dettare la politica sull'immigrazione». Verrebbe da dire, parafrasando Pisanu, che lo stesso vale per l'informazione. Ci sono infatti redazioni che ostentano la stessa demagogia, la stessa ignoranza e la stesso rozzo populismo di chi fa dell’ignoranza un merito. Purtroppo.

Marco Apollonio,
presidente dell’Associazione Teriologica Italiana

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